IL
PUNTO
Chi
non ricorda la politica degli annunci, il “ghe pensi mi”,
la protezione civile per ogni sorta di lavoro in emergenza, il
continuo ricorrere alle conferenze dei servizi di recente memoria.
Ecco, il recupero del centro storico di Caltanissetta pare che si
stia muovendo imitando in parte la medesima metodologia.
Inizia
per caso, con un annuncio in gazzetta ufficiale di bando
nazionale «Piano nazionale delle città». Prosegue con un'affannosa
preparazione in sede comunale di “pezze giustificative” per
documentare l'aderenza ai criteri di selezione richieste nel bando, al
fine di conseguire un finanziamento (ottenuto). Si revisionano gli
studi già fatti sul centro storico e si attribuisce alla nuova
proposta di intervento un taglio di emergenza e di messa in
sicurezza, per carità prioritari, ma non esclusivi. Questa visione
miope ha fatto però ignorare i superstiti abitanti, non prefigurare
i nuovi insedianti, ha minimizzato la salvaguardia del centro
(ombelico della città) quale documento storico-culturale parte
integrante dei tasselli del quadro meridionale che si riuniscono nel
mosaico Italia. Senza scomodare i tecnici, l'estensione del centro
storico che conosciamo tutti, a spanna, ci fa intuire che saranno i
posteri a giudicare se Caltanissetta ha saputo conservare cultura e
“radici”, riconducibili ai manufatti. Vero è anche che i nisseni
hanno la loro responsabilità (attraverso le scelte nel tempo dei
vari amministratori locali) nel degrado dello stock edilizio, oramai non privo di edifici pericolanti e di
macerie. La figura retorica “i medici che litigano mentre il malato
muore” applicata al tempo trascorso, prima di questo annunciato
intervento, calza a pennello. Ma la storia non finisce qui. Il punto
a cui siamo giunti che si annuncia con lavori a gogò in centro
storico non deve far stare tranquilli. Le istituzioni che hanno il
potere di gestire gli interventi annunciati se credibili su quanto
dicono di dover fare, non si mostrano tali con le azioni ufficiali.
Sfornano annunci e si dimostrano poco trasparenti. E non solo.
Intimidiscono (o meglio, tentano di intimidire) a vario modo tutti
quelli che in questo processo di avvio del recupero hanno provato a
mettere “bocca e faccia”. Anche chi scrive ha avuto, molto da
lontano, uno strano avviso: il consiglio di astenersi dal mettere
documenti pubblici esposti in questa pagina. Minacciato, di,
eventualmente, doverne rispondere penalmente in sede giudiziaria.
Con questi “chiari di luna” mi vengono in mente due cose: l'una
che questi “funzionari e politici” non hanno chiari i confini di
ciò che è lecito e del suo contrario e l'altra che hanno uno
strano concetto di democrazia che si dovrebbe nutrire di
partecipazione, condivisione e del diritto dei cittadini che in
questo caso significa: di essere informati.
![]() |
G. Saggio - vista dell'intelaiatura in legno |
Nelle
esperienze presenti nel quartiere Provvidenza, come quella che si
ritrova nella foto sapientemente
mostrata da Saggio,
lo scorcio evidenzia una intelaiatura a struttura lignea, in
similitudine delle "case
baraccate" o "colombage" che ci ricordano un
passaggio architettonico, storico culturale di prevenzione dai
terremoti oggi ancora attuale.
Purtroppo,
la nostra realtà istituzionale locale non ha compreso o non vuole
comprendere che quel mucchio di vecchie case, di ruderi e di macerie
che è il centro storico, oltre a rappresentare le radici dei nisseni
ha anche più di un pregio economico (se vogliamo essere venali), che
lascio intuire all'intelligenza di chi legge.
Dunque,
una scelta di recupero dell'insieme centro storico non può e non
deve essere di “maniera”, con una scenica “antichizzazione”
delle costruzioni, inseguendo un adattamento alla motorizzazione
estraneo a luoghi già a misura d'uomo.
Giuseppe Cancemi
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