L’ex mulino Salvati? … Nuovo volume da riempire!
Sono cominciati i lavori che preludono ad una nuova
costruzione edilizia nel sito dove prima, al tempo della Rivoluzione Industriale,
esisteva un mulino a vapore: il “Salvati”. Questo mulino viene annoverato,
dallo storico e giornalista Walter Gruttadauria, tra quelli azionati dall’energia
sviluppata dal vapore, scoperta e impiegata dall’industria dell’Ottocento. Nel
territorio di Caltanissetta prima del Salvati altri mulini puntigliosamente
annotati dal Gruttadauria nel suo articolo pubblicato su: La Sicilia del 29
marzo 2009, venivano azionati dallo
scorrere dell’acqua come fonte energetica. Questi mulini idraulici in voga sin dal Medioevo,
nel tempo, per scarsità pluviale nei nostri territori, lasciarono il passo all’impiego del vapore. Caltanissetta
a quel tempo aveva una sua archeoindustria. Le miniere e i mulini ad acqua. Le
modernità urbanistiche dell’epoca, un
po’ in ritardo per la verità, apparvero
in momenti di crisi occupazionale della città con il Viale Regina Margherita
(alla maniera dei Bulevard), la Villa
Isabella (oggi villa Amedeo), il palazzo
provinciale e il nosocomio.
Il mulino in causa, come è facile intuire, appartiene al
contesto industriale che utilizza vapore ed energia elettrica all’insegna del
progresso e rappresenta un segno importante nell’evoluzione ottocentesca di Caltanissetta.
Il proprietario dell’omonimo mulino viene ricordato come uno scienziato che ha
introdotto in città un primo studio di
radiologia. Insomma, tra le coordinate che segnano la storia evolutiva di
Caltanissetta il toponimo “Salvati” è sinonimo di reperto collegato con la Rivoluzione
Industriale il quale, però, con la nuova costruzione, rischia di essere
cancellato.
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Purtroppo, la delimitazione del centro storico di
Caltanissetta, nei piani comunali, non comprende il caseggiato ex mulino “Salvati”
e l’attribuzione di zona B del PRG a quest’area, consente ogni possibile stravolgimento
di natura storica dei luoghi.
Tutti sanno, al di là delle “carte” dove a volte si stabiliscono cose assurde, che esiste
un modo diverso di “sentire”, di “vedere”, di “presentare” la propria città. Un
nuovo volume che sostituisce uno caseggiato preesistente che testimonia una
tappa storica della città, “taglia” importanti radici della comunità locale.
E anche se per
alcuni con la cultura “non si mangia” (sbagliato!), una comunità che cancella le
tracce della propria storia risulta per altre realtà anonima, non produce cultura,
non concorre alla formazione dell’uomo e del cittadino. Ricordo a mo’ di
esempio che Firenze per l’alluvione del 4 novembre 1966 segnò sui muri una
linea con la scritta: qui arrivò l’Arno
l’anno 1966.
Invece da noi, sotto gli occhi distratti dei nisseni, ci si accinge a cancellare un segno urbanistico
di passaggio storico, senza che alcuno (preposto e no a preservare la storia,
la cultura, l’interesse generale) se ne preoccupi. Una domanda allora sorge spontanea:
il divario socio-economico-culturale tra
una città del Nord grossomodo simile per popolazione e territorio a Caltanissetta
e quest’ultima, non vorrà significare qualcosa?
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