
Alcuni
dei punti del trasporto ferroviario che sono confrontabili mettono in
luce l'arretratezza del trasporto veneto. Il Veneto con 13,8 treni
per 100 mila abitanti e una popolazione residente di 4,9 milioni ha
meno treni per 100 mila abitanti di Piemonte (19,7), Emilia Romagna
(18,7), Toscana (21,4) e Liguria (15,2). Altro esempio che si
differenzia in negativo per servizio è il contact center, che
la Toscana ha messo in essere per monitorare le lamentele e le
esigenze dei cittadini utenti e organizzare la risposta, mentre, in
Veneto, cresce la protesta per un servizio che perde pezzi e si
degrada, in un “brodo” politico da campagna elettorale.
Da Belluno, per spostarsi, bisogna armarsi di tanta pazienza per le
attese nelle stazioni intermedie e, affidandosi alla fortuna,
sperare che non ci siano soppressioni di treni all'ultimo momento.
In alternativa, diventata una costante, resta l'uso del mezzo
proprio.
Se
in Toscana con gli stessi problemi del Veneto e di tutte le altre
regioni, si riesce a mantenere uno standard
medio minimo di confort,
di puntualità, di certezza nel passaggio dei treni e comunque si
cerca di evitare ogni disagio ai fruitori del servizio ferroviario,
non si comprende qual è la politica dei trasporti della Regione
Veneto che non riesce ad assicurare altrettanti standard.
Nel
Piano Generale dei Trasporti il fulcro della mobilità veneta è
rappresentato dalla “mediopadana” e dal “corridoio
prealpino-padano”. Non compare nel sistema trasporti, una
altrettanto utile attenzione alla mobilità ferroviaria locale,
specie dell'alto Veneto: una rete di collegamenti essenziali tra la
gente delle Dolomiti e la pianura. Un'attenzione dovuta verso chi
preserva e custodisce un importante patrimonio dell'umanità. Una
considerazione allora, che deve fare riflettere, è d'obbligo. Non
investendo preminentemente sulla mobilità ferroviaria e favorendo,
anzi, il traffico su gomma, si rischia di compromettere con gli
inquinamenti in crescita, il capitale naturale da conservare,
rappresentato dalle Dolomiti. Si pratica, dunque, una politica fin
qui non certo in grado di fare affermare un trasporto sostenibile,
richiesto dai luoghi e non più rinviabile.
Giuseppe
Cancemi
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