Tra il dire e il fare

In una città come Belluno, per
esempio, dove l’istruzione/formazione è di ottimo livello e tanti
di questi futuri insegnanti che aspirano al “ruolo”operano già, le scuole si
sono aperte con non pochi problemi. Le carenze di personale ausiliario per
l’apertura fisica delle scuole e la mancanza di pochi spiccioli (si fa per
dire!) per la fornitura dei registri del professore, sono stati il primo
spiacevole impatto in un ambiente che deve essere rassicurante e senza problemi
di sorta. L’utenza di riferimento, vorrei ricordarlo, è fatta di
persone in formazione e la serenità nei loro luoghi di studio è
d’obbligo. Immaginate cosa significhi per docenti e studenti/alunni non
avere nella stessa scuola un registro del professore comune a tutti. Eppure
mi risulta che una scuola in città, per mancanza di fondi per la cancelleria, ha
delegato la “stampa” del registro personale ai relativi singoli insegnanti. Vero
è che l’insegnamento è libero ma non può rischiare di diventare arbitrario. Il
registro non può essere disarticolato dal POF (Piano di Offerta Formativa)
affidando alla discrezionalità dell’operatore scolastico l’onere della
riproduzione. Di regola, lo strumento registro andrebbe uniformato ai criteri
di un protocollo, unico per tutti sia nella sostanza che nella forma.
I pochi cenni ad un concorso che
non sanerà il precariato che viene da lontano e questi elementari segnali
di disfunzioni nelle scuole di Belluno, danno una qualche idea della
crisi che attraversa il nostro Paese e delle risposte non certo appropriate.
Sentire che da quest’anno si dovranno adottare
registri elettronici, leggere nell’ADI (Agenda Digitale Italiana) di
“modelli di scuola digitale”, “banda larga per la didattica nelle scuole” e “cloud per la didattica” ma constatare
che i “tagli” si traducono in una decadenza delle scuole e che il concorso a cattedra
annunciato rischia di creare una “guerra tra poveri” mi fa pensare ad una
perpetuazione degli spot e degli annunci e ad una insanabile frattura tra Paese
reale e Paese legale. Non da ora la rappresentazione dell’Italia, di chi
ci governa, si discosta dall’inconfutabile realtà. Belluno, nel suo
piccolo, come tanti altri Comuni, sia pure per pochi indizi, conferma
l’impoverimento delle scuole che si registra in tutta Italia. La causa
purtroppo, non è difficile da individuare. Tutti i nuovi tagli operati
dallo spending review non hanno fatto
altro che aggravare una situazione economica già precaria negli enti
autarchici. Non è accettabile, comunque, che si continuino a fare voli
pindarici, quando poi la cruda realtà e sotto gli occhi di tutti. Siamo ancora
in tempo, Cresci Italia quando decreta efficienza e qualità dei servizi, se non
sana la situazione dei precari nella scuola con consoni investimenti, rischia
di lanciare ancora inutili proclami. L’uscita dalla crisi, lo dicono tutti, sta
negli investimenti partendo prioritariamente dall’istruzione, dalla formazione
e dalla ricerca.
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