La Grande Piazza? Un diversivo
Ma poi
… ammesso che si possa accettare la
definizione di grande piazza come luogo
topico di un riconoscersi dei nisseni, i presupposti
socio-economici-politici o di connotazione fisica degli occupanti per un futuro
non lontano, date le tendenze, non credo che ci siano tutti.
Come sia
modificata Caltanissetta nel centro storico è sotto gli occhi di tutti. Pensare
al futuro dell’ombelico della città è un’operazione finale sì tecnica ma che
deve essere conseguenza di progettualità dopo un’accurata analisi sociologica
prima e una interpretazione di tendenza
dopo, di chi utilizzerà quel luogo.
Il fenomeno
delle progettazioni e le relative realizzazioni trasformative di varie piazze, nel nostro territorio, non è solo ascrivibili alla città di Caltanissetta
ma appartiene a tante altre realtà isolane e pure continentali. Chi le ha già
realizzate, quasi sempre non tenendo conto del “contenuto”, ha solo prodotto un
“contenitore” astratto e senz’anima. Una esercitazione grafico-tecnica ed
esecutiva per ipotetici futuri occupanti
per i prossimi 20-50 anni, di sapore accademico e quasi dozzinale.
Caltanissetta
rappresenta l’ennesima piazza che pur avendo riferimenti puntuali storicizzati
e consolidati viene stravolta da una scia ormai ripetitiva di nuova pavimentazione con
scelte di arredo urbano che appaiono metafisiche “stridenti” con la realtà
urbanistica. La responsabilità delle scelte non può non ricadere sulla politica
degli amministratori pro-tempore, la quale, senza una vera condivisione, agisce
mediante una temporalità legata ai voti e alle elezioni. I finanziamenti cui
attingere risorse, per opere come il rinnovo delle piazze, servono per
accreditare e vantare “cose fatte”, questa o quella amministrazione nelle
immancabili prossime elezioni. I progetti, invece nascono con la tecnica di:
questo è il budget da spendere ed
estemporaneamente questi sono i lavori da realizzare. Gli aspetti sociali,
culturali, economici nonché induttivi, sono optional:
se c’entrano bene! Altrimenti va bene tutto lo stesso.
Forse
l’(ab)uso del termine grande piazza, per piazza Garibaldi e corso Umberto I è
stato “scimmiottato” da una vecchia idea che circolava sul recupero del centro
storico che aveva valenza diversa. Infatti, la Grande Piazza, nel più complessivo
restauro del centro storico, che si trascina da molti anni, doveva far
convivere esigenze sociali, economiche e storico-culturali. La piazza non più
vista semplice luogo di convergenza dei corsi, e per questo preceduta
dall’aggettivo Grande, doveva mettere in relazione vari luoghi con passaggi
studiati tra via Consultore Benintendi, c.so Vitt. Emanuele, via Palermo e l’ex
pescheria per raccordare e fare rivivere economia, affari e uso terziario
dell’area di centro storico intorno alla piazza Garibaldi.
Giuseppe Cancemi
Nessun commento:
Posta un commento