La
sensibilità verso i temi dell'ambiente che da anni mostra il
Presidente di Italia Nostra Regionale arch. Lendro Jannì, ha fatto
ancora centro con la tavola rotonda “Liberi
consorzi e territorio. Focus su Sistema Sicilia Centrale”,
mettendo cappello su un'importante problematica che riguarda
l'istituzione dei liberi

consorzi. Le Province non ci sono più e la
Sicilia autonomamente sta già muovendosi verso una riorganizzazione
territoriale che dovrà aggregare più Comuni in una amministrazione
intermedia tra il singolo “campanile” e la Regione. L'idea, di
una nuova aggregazione comunque non è nuova, anzi. Già lo Statuto
(1946) della Regione Siciliana all'art.15, comma 2 così recitava:
“L'ordinamento
degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui
liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia
amministrativa e finanziaria”.
Questa norma, per dirla tutta, non è mai stata attuata, pur
trasformandosi nel 1955 nelle appena soppresse Province Regionali.
Dunque, il dibattito si riapre, e Caltanissetta con Enna e Gela
provano a dialogare mettendo in campo temi riguardanti le identità
territoriali e culturali, arricchiti da stimoli sulla governance
provenienti da docenti in rappresentanza degli atenei di Catania ed
Enna. Non sono mancate neppure le proposte sulle significatività da
dare al territorio da parte di tanti altri interventi. In verità, a
mio modesto avviso, il confronto ricco non mi è sembrato però
percorrere il solco che voleva e doveva avere una tavola rotonda, su
un tema che andrebbe sviluppato più sul concreto, evitando confronti
sul “si poteva fare” o ancora propedeutici alla politica o alla
dottrina giurisprudenziale.
Provo
allora a dire dal mio modesto punto di vista, come si può affrontare
la questione a partire dal basso, dal cittadino utente della futura
aggregazione comprensoriale. L'obiettivo primario che il mutamento
dell'amministrazione intermedia deve affrontare, deve essere quello
della “felicità” dell'amministrato. Felicità se non in senso
psicologico, almeno in termini di tendenza alla massima soddisfazione
nella fruizione complessiva del territorio e dei servizi in genere.
Se
questo è l'obiettivo espresso in termini semplici, bisogna allora
sapere di quale soggetto, di cittadino medio, non può fare a meno la
nuova aggregazione di persone e territorio. La nuova forma
amministrativa che deve mettere insieme vari comuni, nella sua
dimensione “civica” con questo ambizioso obiettivo, deve sapere
se esistono le condizioni per le quali il singolo intende mettere a
disposizione degli altri un rinnovato rispetto per le regole di tutti,
la sua partecipazione nella difesa del bene comune, la sua mutua
scambievole solidarietà,
etc.. Insomma, se al cambiamento intende partecipare e in quale
misura.
Questo
minimale approccio di civismo deve essere il minimo comun
denominatore da cui muovere, perché basilare per un processo che
dovrà rivoluzionare il modo di vivere associato delle generazioni
attuali e future. É questa la proiezione d'identità del “campanile”
e del suo appartenere ad una aggregazione più estesa che, come in un
mantra, deve saldare i vari Comuni.
Riferendoci
ora all'unione dei territori comunali per formare un libero
consorzio, allegoricamente potremmo paragonarlo ad una
società per azioni dove il prodotto è la vivibilità dei cittadini
e ogni Comune partecipa con la proprie “azioni”. Il capitale
umano, per primo ma anche il territorio fisico, i beni culturali e
ambientali, le opportunità territoriali economiche (potenziali e in
atto), le infrastrutture di collegamento (a rete e puntuali), le
risorse idriche ed energetiche (elettriche e termiche), lo
smaltimento dei rifiuti, nel loro insieme, dovranno costituire quel
capitale comune utile per affrontare la sfida che attende le nuove
aggregazioni di Comuni. Intendendo per sfida la pervicace voglia di
fare da soli per una vivibilità al meglio dei cittadini che hanno
deciso di unirsi in un'unica realtà territoriale, in sostituzione di
una provincia obsoleta e stanca, mossa da automatismi oramai fiacchi
non sempre rispondenti alle vere necessità della comunità
amministrata.
Quale
governo ipotizzare per i liberi consorzi comunali ci viene indicato
dal dibattito cui siamo giunti in merito alle governance in
genere. Gli italiani chiedono meno burocrazia, costi contenuti,
sobrietà, funzionalità ed efficienza, nonché la separazione delle
responsabilità politiche da quelle tecniche realizzative. Secondo
questo orientamento generale si può pensare di individuare gli
organi del nuovo Ente (meglio sarebbe chiamarlo comprensorio) a
partire da un'Assemblea,
composta dai sindaci dei comuni appartenenti al libero consorzio che
elegge il Presidente, con un sistema di voto ponderato
in rapporto alla popolazione di ciascun Comune. La stessa Assemblea
esprime anche una Giunta composta da 3/5 componenti
formata dagli x Comuni col maggior numero di abitanti che elegge un
suo Presidente.
A
governare l'attuazione delle scelte politiche dovrebbe essere
delegato un
City Manager assunto
dal Consiglio di Giunta, strettamente in considerazione delle sue
capacità manageriali escludendo dalla scelta ogni eventuale
prevalenza per appartenenza politica. Questi, andrà
assunto
come realizzatore dell'espressione politica con contratto a tempo
indeterminato ma con la facoltà per il Consiglio di Giunta di
poterlo licenziare in ogni momento.
Strutturalmente,
l'organizzazione del Libero Consorzio non può non partire da una
composizione territoriale. Il punto di partenza di tutto deve essere
rappresentato dal territorio in senso spaziale ed organizzativo sia
di livello che di scala. I tempi di percorrenza, perché un servizio
sia relativamente fruibile con il minor disagio possibile per
l'utenza, per esempio, possono essere stabiliti mediante isocrone
applicate ai servizi di base (sanità, istruzione e formazione,
accesso ai beni territoriali in genere, etc.).
L'ottimizzazione,
secondo gli esistenti punti fissi (l'attuale localizzazione, per
esempio, dei servizi sanitari) e le variabili (nuovi servizi da
ubicare) nonché i limiti (per esempio delle distanze) stabiliti non
valicabili nel sistema
dei servizi,
per un'equa ridistribuzione, deve rappresentare il tracciato da cui
muovere per meglio organizzare la base per le varie utenze.
Senza
alcun indugio, l'esistente va esaltato, valorizzato ma anche
razionalizzato. Il libero consorzio, dunque, dovrà disporre al
meglio delle risorse umane, dei servizi di trasporto in termini di
circolazione veicolare ma, soprattutto, delle informazioni (con
cablatura in fibra ottica di ultima generazione) le quali riducono il
traffico motoristico trasformandolo in traffico
di rete
(web). Sapendo, che è meglio far viaggiare le informazioni che non
le persone. Ovviamente non basta razionalizzare uomini e mezzi,
assumere nuove tecnologie se non si opera in maniera sistemica e
sinergica. l'ammodernamento delle funzioni e dei servizi deve anche
essere accompagnato da nuova linfa nelle varie istituzioni locali:
Comuni in testa.
In
termini economici vanno recuperate le dimenticate vocazioni
territoriali come attrattive e occasioni di lavoro. Le produzioni in
piccole serie di prodotti alimentari dei nostri Comuni tanto care a
chi vive fuori dal proprio territorio di origine, possono diventare
business
con aree assai più lontane della stessa Europa. Il commercio, il
turismo con un Libero Consorzio (smart)
alle spalle possono migliorare e ampliare i propri circuiti e i
consumatori/fruitori.
Al
cittadino del nuovo consorzio spetta di scegliere. Sapendo che il
destino di ciascuno dipende in massima parte da noi stessi. Alle
amministrazioni locali, invece, compete la capacità di indurre
partecipazione e responsabilizzazione nelle scelte, le quali debbono
essere meno campanilistiche e più comunitarie.
Per
concludere, qualche esempio per tutto la gestione dei rifiuti per
prima. Nel principio per un'etica della responsabilità la produzione
e lo smaltimento in termini morali debbono, senza se e senza ma,
elidersi localmente.
L'approvvigionamento
idrico, non può essere delegato ai privati e la restituzione delle
acque reflue ai naturali alvei del suolo, deve essere depurata e
ritardata al massimo; gli inquinamenti vari di suolo, acqua ed aria
vanno abbattuti e combattuti.
Per
concludere, il nuovo strumento di aggregazione territoriale ha due
possibili sbocchi: quello dell'opportunità o quello della
conservazione. Può rimanere una somma di comuni e delle loro
popolazioni o diventare elemento di rilancio socio-economico tanto agognato, ma sempre rimandato o disatteso.