giovedì 25 settembre 2025
sabato 20 settembre 2025
A proposito del Piano Urbanistico Attuativo in Variante al Piano degli Interventi, in via Vittorio Veneto - BELLUNO
Si OSSERVA ...
che la Variante del Piano Urbanistico Attuativo (PUA) di iniziativa privata, inserita nel Piano degli Interventi, sono espresse dai cittadini di questo Comune e da tutti i sottoscrittori che si riconoscono nei motivi di diniego qui esposti. Le motivazioni formalmente espresse si oppongono alla Variante in oggetto, approvata dal Consiglio Comunale di Belluno.
In particolare, non si intende accettare le modifiche proposte dal PUA in un’area storicamente classificata come Zona Territoriale Omogenea F, vincolata a Verde Pubblico nel vigente Piano Regolatore Generale. Il dibattito culturale che ha accompagnato questo PUA non si colloca nel solco dell’innovazione urbanistica che ha caratterizzato epoche passate.
La proposta progettuale, nella sua attuazione, continua a manifestarsi secondo una logica edilizia convenzionale, priva di visione urbanistica evoluta. Sono trascorsi invano i tempi della legge quadro n. 1150/1942, che, nella sua riformulazione, aveva introdotto principi di razionalismo umanistico e avviato una moderna ricerca urbana, con l’obiettivo di migliorare la convivenza sociale.
In altre parole, quelle norme — ancora oggi attuali — promuovevano un’urbanistica fondata su una residenzialità più umana, che tuttavia resta ancora largamente inattuata. Belluno, in passato, ha vissuto momenti di avanguardia urbanistica: dalla città Giardino di Cavarzano, ispirata al modello di Howard e progettata dall’architetto Alpago Novello, fino al Masterplan “Città sostenibile a misura d’uomo” del 2012, rimasto incompiuto. Purtroppo, questo percorso virtuoso si è progressivamente arenato.
Come in molte altre realtà italiane, anche Belluno ha ceduto al fenomeno dell’edilizia speculativa, alimentato dai vantaggi della cosiddetta “rendita di posizione” dei terreni. L’origine di tale deriva
può essere ricondotta alla lunga fase di ricostruzione postbellica, che ha incentivato la lottizzazione dei suoli agricoli.
Lo sviluppo edilizio — più che urbanistico — lungo la S.S. 50 rappresenta un classico esempio di espansione lineare, visibile anche nell’area di Baldenich. In circa 75 anni, la città ha avuto 14 Amministrazioni comunali e un’urbanistica segnata da ben 76 varianti: una media di circa 5 per ogni Amministrazione, ovvero una all’anno. Di queste numerose varianti, non è chiaro quante siano state effettivamente integrate o ricondotte in un unico Piano Regolatore Comunale, in una versione coerente e leggibile di PRG/PRC.
Il- progetto oggetto di contestazione propone un nuovo volume edilizio a destinazione commerciale, non richiesto e sproporzionato rispetto alle esigenze del territorio, privando l’area di un prezioso “polmone verde”.
L’intervento viene giustificato come “recupero”, in parte associato alla rotatoria stradale esistente nelle vicinanze, già fortemente compromessa da un traffico urbano ed extraurbano eccessivo.
Nel complesso, l’intervento sulla rotatoria — completa in ogni sua parte e in condizioni più che discrete (secondo il giudizio di un qualsiasi passante) — non appare giustificato. Appaiono invece superflui, come già evidenziato, i metri cubi di edilizia previsti per la realizzazione di un nuovo supermercato, collocato in prossimità di altri già esistenti.
Sul piano delle criticità urbanistiche e ambientali non affrontate dal progetto, si rileva come la destinazione dell’area a Zona F di Verde Pubblico centrale venga completamente ignorata, anzi cancellata. Il progetto, di fatto, baratta tale destinazione con la costruzione di un volume edilizio a uso commerciale. Il verde pubblico, spazio fondamentale per la socialità urbana e da tempo reclamato dai residenti, è oggi occupato da un rudere — la cui presenza non sembra affatto casuale.
Ed è proprio questo tipo di intervento ciò che meno serve in un’area già compromessa, come è facile comprendere.
Il PUA presentato fa riferimento alla nota rotatoria della S.S. 50, quotidianamente congestionata da un traffico intenso e destinato ad aumentare. L’area è segnata dalla presenza di un rudere scenograficamente avvolto nella plastica, con la zona circostante transennata. Il tutto sembra costruire un’immagine di “degrado” visibile a chi percorre quel tratto, una sorta di pressione psicologica teatralmente rappresentata, utile allo scopo ma che solleva forti dubbi sulla reale necessità di risanamento. Questo maquillage d’insieme, privo di evidenze tecniche, storiche, ambientali o di altre prerogativeche possano legittimare l’intervento, lascia intendere che l’urbanistica sia solo un pretesto. Non risultano presenti studi sul degrado, analisi di impatto o documentazione che dimostri la necessità di riqualificare l’area. L’attuazione del progetto — repetita iuvant — sembra orientata principalmente alla realizzazione di un volume edilizio commerciale.
Inoltre, si segnala che la consultazione della documentazione progettuale non è stata agevole. La relazione tra significato e significante, che dovrebbe semplificare la ricerca attraverso riferimenti oggettivi, si è rivelata complessa. Dalla scala degli elaborati grafici ai riferimenti descrittivi, fino agli strumenti di lettura, tutto è apparso poco accessibile. L’interfaccia informatica tra utente e amministrazione pubblica non è risultata “amichevole”, nonostante l’epoca dell’intelligenza artificiale. Gli algoritmi di ricerca, anche sul sito della Trasparenza Amministrativa, si sonodimostrati ostici.
I presupposti dell’intero progetto sembrano ruotare attorno all’abolizione della Zona Territoriale Omogenea F e del relativo vincolo di Verde Pubblico previsto dal PRG, come consentito dall’art. 27 della L. 457/78. Tale norma, forse impropriamente utilizzata, consente di far decadere lo zoning e il vincolo d’area, rinominandolo come “zona di recupero del patrimonio edilizio esistente e rigenerazione urbana”.
Della scomparsa della ZTO F, delle verifiche sugli standard residenziali previsti per legge e della rigenerazione finalizzata al contenimento del consumo di suolo, non si fa menzione. In sostanza, la ZTO F e il suo vincolo di Verde Pubblico — come previsto dall’art. 4 del D.I. 1444/68 — che stabilivano standard urbanistici per le zone F (servizi, attrezzature e impianti di interesse generale, proporzionati al numero di abitanti), vengono cancellati e privati di ogni significato pianificatorio.
L’area viene ora considerata una generica “zona bianca”.
Per questa modifica radicale, è utile ricordare che esiste — ed esisteva — una procedura obbligatoria per il Comune, che comprende: una valutazione tecnico-urbanistica, una delibera consiliare e l’aggiornamento del PRG.
È noto che la cosiddetta “zona bianca” deve rispettare quanto previsto dall’art. 9 del DPR 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). Tale norma stabilisce:
• Indici edilizi estremamente ridotti, con densità massima pari a 0,03 mc/mq (come per le zone agricole);
• Destinazioni d’uso limitate a quelle compatibili con il suolo agricolo.
Pertanto, non si tratta di un’area automaticamente edificabile per funzioni residenziali o commerciali. Un segnale diverso, tuttavia, emerge dal documento “Motivazione ed Obiettivi del Piano” contenuto nel Rapporto preliminare ambientale per la verifica di assoggettabilità a V.A.S. (marzo 2023), dove si parla di un’area “meritevole di pronto recupero” e della “necessità di riqualificazione della zona F.VP decaduta”, giustificata dalla “carenza di interesse per un suo diretto utilizzo pubblico”, come dimostrerebbe la mancata riadozione del vincolo espropriativo.
In passato, anche il Comune di Belluno ha mostrato sensibilità ambientale, cercando di adeguarsi alla L.R. n. 4/2015, promuovendo un’inversione di tendenza: meno edilizia, più urbanistica. In tale contesto, si invitavano i proprietari di aree edificabili a richiedere la riclassificazione in “inedificabilità”, per contrastare il consumo di suolo e favorire il ripristino del verde. Esiste una delibera del Consiglio Comunale (n. 43 del 24/07/2015) che ha avviato le cosiddette “varianti verdi”, ma non si conosce l’esito di tale iniziativa.
La recente richiesta del PUA di trasformare un’area verde prevista dal PRG in volume edilizio a uso commerciale contraddice apertamente gli indirizzi promossi dalla Regione Veneto. In sintesi, si può affermare che i principi di tutela del verde urbano — risanamento, riqualificazione, attinenza ecologica — non sembrano rientrare nelle priorità dell’Amministrazione comunale.
Il progetto, avviato con SCIA, è stato interrotto in corso d’opera. La condizione di degrado, assente prima dell’inizio dei lavori, è stata goffamente simulata. Sarebbe stato utile conoscere le
motivazioni di tale scelta. È importante ricordare che la SCIA è uno strumento semplificato, utilizzabile solo per interventi edilizi compatibili con la normativa urbanistica vigente. Era prevedibile che la riduzione a rudere del volume esistente avrebbe sollevato problematiche. La sospensione dei lavori sembra indicare che un vincolo urbanistico, non ignorabile, avrebbe dovuto impedire l’atto demolitivo sin dall’inizio.
Da un punto di vista urbanistico, il PUA non è giustificabile come intervento di “recupero urbano”. Manca una documentazione tecnica, ambientale e urbanistica adeguata, che dimostri lo stato di degrado denunciato o la necessità condivisa di riqualificare la cosiddetta “zona bianca”. Quest’ultima, pur ritenuta da “recuperare”, ha una destinazione urbanistica pianificata dal PRG chenon risulta dimostrata.
L’applicazione dell’art. 27 della legge n. 457/1978 ha consentito di classificare l’area come “zonabianca”, ma si è trascurato che, ai sensi dell’art. 9 del DPR 380/2001, tale zona prevede una densità edilizia di 0,03 mc/mq, come per i suoli agricoli, e non è edificabile per funzioni residenziali o commerciali.
Dal punto di vista ecologico, la costruzione di un supermercato nei pressi di un’importante arteria stradale comporterebbe un aumento del traffico veicolare, con conseguente aggravamento dell’inquinamento atmosferico e acustico, in una zona già compromessa, posta su una rotatoria di strada nazionale e urbana.
Non si intende ostacolare le attività economiche, ma è bene ricordare che l’articolo 41 della Costituzione stabilisce: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale…”. Ciò significa che l’uso del suolo privato incontra un limite quando contrasta con l’interesse collettivo, come nel caso della necessità di preservare gli spazi verdi.
La Variante proposta appare poco o per nulla motivata da esigenze pubbliche e ancor meno da ragioni ambientali. Inoltre, il progetto non rispetta i principi di pianificazione partecipata, né mostra elementi tangibili di sostenibilità o di tutela del territorio, contribuendo ben poco alla transizione ecologica.
Alla luce di quanto esposto, per comprendere le ragioni della non condivisione del PUA approvato, si richiamano i principi costituzionali. Sebbene la Costituzione non menzioni esplicitamente il “verde pubblico”, ne tutela indirettamente l’interesse attraverso fondamentali principi ecologici.
Lo si evince dalle attribuzioni allo Stato in materia di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi (artt. 9 e 117). In particolare, l’articolo 9, modificato nel 2022, afferma la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle “future generazioni”.
L’articolo 117, comma 2, lettera s), assegna allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dei beni culturali, mentre il comma 3 prevede una legislazione concorrente con le Regioni per la valorizzazione.
Per le varie OSSERVAZIONI confortate da pronunciamenti della Costituzione e dalla Giurisprudenza: citate, elencate e in parte sollecitate si suggerisce:
1. La conferma (riconoscimento) di Verde Pubblico in ZTO già di PRG nella tavola del Piano degli Interventi;
2. un nuovo studio della Variante al Piano degli Interventi con relativo rigetto del Piano Urbanistico Attuativo, stante al Vincolo CONFERMATIVO e non espropriativo del Verde Pubblico di Z.T.O. In area Baldenich.
3. una realizzazione di studi ambientali e urbanistici indipendenti, come verifica sull’impatto del progetto proposto;
4. si chiede l’avvio di un percorso partecipativo per una progettazione condivisa dell’area verde da tempo vincolata su PRG.
Giuseppe Cancemi
