Io, di Belluno, mi sono fatto
un'opinione. Penso che un commissario prefettizio per governare la
città basta. Amministrare secondo legge e lasciare svolgere tutto
quanto alle persone preposte che operano in Comune è un'ordinarietà
che regge. In fondo è un po' quello che abbiamo visto in questi
anni. Il merito di una città con qualche lode e senza infamia
appartiene ai cittadini. In fondo il tutto ha continuato a girare
semplicemente perché il popolo bellunese recita senza alcuna
sollecitazione il suo dovere civico. I primi posti conquistati in
questi anni nella classifica nazionale di vivibilità per i parametri
usati in base ai servizi, ben rappresentano lo stile di vita dei
bellunesi. Anche una democrazia dell'istituzione che conduce la
città, bisogna ammetterlo, formalmente c'è stata e si pratica, ma
un solco politico di chi ha governato si fa fatica a riconoscerlo.
La democrazia a cui penso e propendo,
viene da lontano. É ancora l'unica forma per amministrare una
comunità, che dà il massimo protagonismo ai singoli cittadini. Tale
sovranità del popolo, però, non può fare a meno di scelte nella
conduzione di una città. Quelle scelte, sono il sale della politica
che proviene dai gruppi che si ritrovano in un partito, in un
movimento, luoghi di condivisione delle idee comuni, di parte.
Le elezioni amministrative che sono in
corso d'opera, penso che debbano essere considerate un'opportunità
più che una celebrazione di routine. Servono, per fare avanzare
quelle scelte di necessario sviluppo a cui una città come Belluno
deve tendere. C'è bisogno di una discontinuità, di un cambiamento
nel vivere associato che, utopisticamente deve aspirare alla
felicità. I nuovi canoni da considerare, non sono questa o
quell'opera che la propaganda elettorale solitamente promette, ma
piuttosto i principi fondanti come: quello di una città a misura di
tutti che azzera le barriere architettoniche; la ricucitura degli
insediamenti (centro storico e periferia) e le necessarie relazioni
con lo spazio interconnesso; l'occuparsi di casa, lavoro, inclusione
sociale dei più deboli, mobilità e servizi. Il tutto riconducibile
ad un percorso di progetto globale di sviluppo locale, a partire dai
reali bisogni del cittadino, dell'uomo.
 |
Piazza Piloni o parco auto? |
Per la verità i cittadini di Belluno,
o meglio quelli che si ritengono i rappresentanti dell'urbe ma che
sono solo i rappresentanti dei commercianti del centro storico, non
perdono occasioni per la reiterazione delle solite richieste di
natura lobbistica, che massimamente riguardano parcheggi e
circolazione. Non rinunciano a questa bandiera, quasi un feticcio,
per scongiurare la crisi che attraversano le attività del piccolo
commercio di vicinato. Al Comune, viene richiesta ad ogni piè
sospinto una partecipazione salvifica. L'Ente autarchico comunque,
bisogna riconoscerlo, non è né responsabile né la panacea di
tutto. Le difficoltà di ricollocazione dell'offerta commerciale e la
sintonia con la domanda, vengono da lontano e semmai, nei confronti
del Comune, le uniche cose che si possono rivendicare sono gli atti
intesi a ridurre la burocrazia, un qualche incentivo e un certo
appeal del centro storico.
Fondamentalmente in ambito locale,
nuova amministrazione e cittadini dovrebbero accordarsi su un
cambiamento culturale non occasionale ma profondo che avvicini i
punti di vista di ciascuna delle parti. É impensabile che per il
centro storico ci sia una diversità di vedute, per uso, mobilità e
circolazione.
 |
Piazza Duomo assediata dalle auto |
L'umanità che è vissuta nel cuore di
Belluno, con la sua stratificazione temporale dei manufatti, ha
lasciato un suo schema viario ed una distribuzione spaziale più
adatti ad una deambulazione pedonale che non ad una circolazione con
mezzo meccanico. Dunque, ha configurato un luogo a sola misura
d'uomo. E come tale andrebbe lasciato. Il ritrovarsi in spazi
relazionali (piazze e vie), per vivere la città, fare acquisti,
muoversi in sicurezza e a distanza dall'inquinamento atmosferico è
un privilegio, un godimento e non uno svantaggio. Il centro storico
nella sua identità storica e culturale, si diversifica, per natura,
da gli altri luoghi della città più adatti ai mezzi a motore che
comunque inquinano l'atmosfera e l'immagine degli stessi ambiti di
vita associata. Persino la luce viene inquinata in centro. Basti
pensare al calibro stradale limitato dalle vicine facciate degli
edifici, e non è difficile osservare che anche la luce naturale con
la presenza del variegato cromatismo delle auto e le quinte dei
palazzi restituisce per riflessione una luce modificata.
Belluno è una città giardino, a sua
insaputa, sì perché senza un progetto “suggerito” dal pensiero
di Ebenezer Howard si ritrova
in linea con i caratteri costitutivi del movimento utopista
ottocentesco.
Governare questa città ma
anche altre, in generale, lo so non è facile, specie se si
rincorrono i problemi e si naviga a vista; se la politica non si
assume le proprie responsabilità e non decide; se non si conosce
l'umanità che popola il contesto urbano ed extraurbano; se non si ha
contezza dei servizi e dell'economia nelle sue diversificazioni e,
non ultimo, se non si ha cognizione delle risorse territoriali.
Insomma, se non si ha una chiara visione della struttura
socio-economica dei luoghi e quali prezzi bisogna pagare o meno, per
uno sviluppo condizionato dal rapporto costi/benefici, non si potrà
parlare di sviluppo sostenibile.
Scegliere votando, in conclusione, ciò che dovrebbe venirci dalla
imminenti elezioni amministrative, vuol dire esercitare un
diritto/dovere che ci fa assumere una responsabilità politica.
Nella scelta, comunque, si corre il rischio di declassare il voto ad
una formale delega, se ognuno crede che il tutto si esaurisce con le
proprie preferenze elettorali. Diversamente si sappia, che al
cittadino, sempre e comunque, spetta il diritto di esercitare una sua
partecipazione alle decisioni nelle forme e nei modi previsti dalle
leggi.
Giuseppe Cancemi