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sabato 24 aprile 2021

MOBILITA' SOSTENIBILE NON A PAROLE

 


BELLUNO: Strada Cucciolo-Marisiga


Tutto è cominciato in tempo di covid-19. L’amministrazione attiva di questa città, per una disposizione di legge regionale che prevede un Piano di Assetto del Territorio, ha riesumato il solito PRG visitato e rivisitato con un patetico ennesimo maquillage da vecchio signore. Ulteriore proposta tra le “perle”, del “progetto Belluno” che ha già animato mugugni vari. Due nuove strade per un quotiano ingorgo, in prossimità del Ponte degli Alpini (La Cerva), che potremmo definire “pedo el tacon del bus”. Due strade come bypass della S.S. 50: uno attraverso Cavarzano e l’altro, nei dintorni di Mier, conosciuto come Cucciolo-Marisiga. Per fortuna, pare che il passaggio per Cavarzano, sia stato scongiurato per il suo inopportuno tracciato all’interno del polo scolastico di quel quartiere. Numerosi cittadini con le loro firme ne hanno scoraggiato la realizzazione. Resta però ancora in piedi la Cucciolo-Marisiga nonostante, anche qui non manchi la contrarietà di tanti altri cittadini.





Che dire! Possibile che ancora non si sia capito che l’accelerata crescita della mobilità non si può continuare ad assecondarla all’infinito? Siamo tutti in un’astronave chiamata Terra, e dobbiamo renderci conto che è giunto il momento di cambiare i nostri paradigmi, di vita individuale e collettiva.

Gli scienziati del clima dicono che ci avviciniamo sempre più ad un punto di non ritorno per quel fenomeno seguito dai grandi della terra che si chiama riscaldamento globale.

Consumo di suolo, impermeabilizzazione e degrado del territorio tra le cause del cambiamento climatico (tropicalizzazione) anche delle nostre zone, vanno anche contro la vocazione turistica della montagna. Il brand del turismo di montagna, all’insegna della natura, è il canonico vivere nella lentezza. Assaporando nelle tradizioni e nei cibi locali il godere di una natura incontaminata. Un vivere salutista che si conserva, non senza difficoltà, tra l’orografia bella ma limitante negli spostamenti e con un’economia agricolo-forestale di difficile conduzione.

E qui mi sento di dire che la mobilità sostenibile non può essere quella che propone nuove strade di sicuro impatto per un ambiente naturale particolarmente fragile come quello di montagna.

 La ripresa di questa idea di nuove strade con facilità, ha dato il via ad antiche proposte di assetto stradale che non hanno più senso. Dobbiamo pensare che in Italia si sta varando il Piano Nazionale di Ripresa Resilienza nel quadro degli impegni, anche a livello locale con agenda 30 e 50, di rilevanza europea e mondiale. La riduzione dell’anidride carbonica che è richiesta, serve per tenere bassa la temperatura media globale del nostro pianeta, al di sotto della soglia dei 2°C.

 Belluno non ha bisogno di nuove strade. La sua mobilità ha necessità solo di potenziare il trasporto pubblico, principalmente su rotaia. Esiste parallelamente alla statale n. 50 un tratto di ferrovia utilizzabile come metropolitana di superficie. Per il resto, basta razionalizzare: la logistica (orari e mezzi di piccole dimensioni e che non inquinano); gli orari di accesso e transito (ingressi scolastici e di lavoro); gli attraversamenti e l’uso di mezzi individuali (monopattini e bici), etc.. Insomma, una alternativa alle strade proposte esiste. La strategia consiste nell’organizzare un Piano per la Mobilità Sostenibile con quell’insieme di soluzioni che possano dare nuova vita ad una mobilità, dianzi accennata, di sicuro vantaggio per l’ambiente, ma anche e soprattutto per le persone.

Giuseppe Cancemi


domenica 18 aprile 2021

VIA DANTE E' MEGLIO LASCIARLA COM'E'

 


Il piazzale della stazione ferroviaria ha una sua immagine storica che rischia di essere cancellata

Con lo spirito di rinnovo (sic!) che contraddistingue la città di Belluno, poco tempo fa è stato annunciato che la città avrà prossimamente una via Dante più larga.

La città legale (Provincia e Comune) in accordo con Dolomitibus intende modificare l'originario progetto relativo alla stazione ferroviaria, ne “i dettagli del progetto di rigenerazione urbana che interesserà il piazzale della stazione. Ma neanche a dirlo, sappiamo che anche in questo caso come tanti altri, anche in questa parte della città alcuni alberi cadranno.




Da qualcosa come da quattro lustri ad oggi, Belluno sembra seguire una tendenza. Ma più evidentemente una controtendenza al Green Deal europeo.

Disfa in città l’assetto materiale esistente, con tutta la sua logica sistemica assestata nel corso degli anni per, eufemisticamente,rigenerare” un qualcosa che rientra in un discutibile Progetto Belluno. Quello che fa più inquietare i cittadini, in queste trasformazioni è la restituzione di questi frammenti di ambiente urbano, sempre più priva degli alberi preesistenti. Una assurdità, che collide con la politica europea, orientata verso un uso efficiente delle risorse, mediante un'economia pulita e circolare.

Il Progetto Belluno, per capire, merita una qualche nota. Nel suo insieme, si presenta come si direbbe in chimica, più un miscuglio che non una combinazione. Tanti sottoprogetti che non dialogano perché più fine a se stessi che non parti dell’insieme sistema città.

Il progetto del piazzale della stazione che comprende anche la via Dante, è l’esempio classico di un intervento che poteva rappresentare un’opportunità. Bastava saper cogliere quel nesso che lo lega ad una visione integrata tra il vicino parco, il Metropolis, la ex caserma militare e la scuola “Gabelli”. Un unicum, con valenza nazionale dove potere ospitare, formare e aggiornare, periodicamente in ambito delle scienze dell’educazione, un laboratorio per i docenti di tutta Italia. Invece, ecco un progetto di corto respiro che affastella quattro carabattole, tra arredi urbani da alienare e sostituire, pensiline e delineatori di corsia e altre modifiche riservate ai bus, con spazi recuperati nelle vie adiacenti alla piazza della stazione e una segnaletica orizzontale rinnovata che completerà la tanta, ma tanta, “rigenerazione” (sic!).



E come se non bastasse, ecco che la Dolomitibus con un recente atto: Accordo di programma” assieme alla Provincia presenta con una integrazione di programma che modifica l’area Metropolis e alcune adiacenti strade.

U annuncio ultim’ora di stampa, che con una “...via Dante più largadel progetto Stazione ferroviaria pone, la classica ciliegina sulla torta. Per la cronaca, una via lunga poco più di 100 passi e larga 50 che perderà alcuni alberi, in compenso sarà complementare ad un’autostazione per pullman più che invasiva.

Qualcuno degli addetti, per questa recente nuova integrazione del progetto, si è compiaciuto ritenendo che la:riqualificazione dell'area della stazione servirà a garantire maggiore sicurezza”. Al contrario, dei pochi cittadini, che vedendo qualche tavola di progetto e l’ultimo allegato che intende sacrificare alcuni alberi, hanno già detto che quel piazzale e i suoi dintorni sarebbe meglio lasciarlo comè.

Non ci vuole molto, comunque, per capire che al centro del progetto non c’è l’uomo ma il singolo interesse su come sistemare i mezzi di trasporto su gomma e la sua stretta attività. Viene quasi ignorato il trasporto ferroviario principale stanziale di quel luogo, che con i suoi servizi telematici ristrutturati, da tempo dispone di locali oggi ad uso anche per altre attività.

Le stesse tavole planimetriche, che indicano la prima e l’ultima sistemazione nella divisione di aree per stazionamento e viabilità differiscono, non poco, anche nei colori. Nella prima, una parvenza di spazi verdi esiste, mentre nella stesura finale di cui parliamo, domina il rosso delle linee e il grigio degli spazi riservati ai mezzi circolanti. A parte il contenuto tecnico è anche chiara nei colori la rappresentazione valoriale.

Per l’accoglienza dei passeggeri e il loro stazionamento, non risulta alcuna attenzione o menzione.

Sono ignorati anche, servizi igienici, stalli per portatori di handicap nonché abbattimento delle barriere architettoniche per il transito. Per non parlare dei percorsi di un qualsiasi comune cittadino che deve raggiungere il mezzo gommato. Le zone pedonali di attraversamento non mostrano una continuità. Si ignorano i percorsi pedonali svincolati dalla via carreggiabile e di schermatura delle siepi, aiuole spartitraffico e alberature che migliorano la qualità ambientale non se ne parla nemmeno. Insomma chi dovrà raggiungere il suo mezzo di trasporto, dovrà fare parecchi slalom attraverso il traffico, anche se con strisce pedonali. Ecco svelato perché anche il taglio di pochi alberi si può fare a cuor leggero.

Insomma il progetto di un nodo fondamentale di scambio intermodale trasportistico è svilito a luogo dove allocare dei pullman. Come se dovessero dimorare tutti negli stalli previsti giorno e notte. Questo per la sola parte materiale. L’immateriale che avrebbe dovuto ispirare il progetto è ancora peggio. Non esiste un’analisi dei flussi e della domanda di spostamento di persone e cose in tutte le sue forme: per lavoro, studio, consegna di merci, etc.

Tutto qui!

Ma penso che su questo poco bisognerà riflettere, in vista delle prossime elezioni che incalzano.

Giuseppe Cancemi








venerdì 16 aprile 2021

LA SCUOLA “ARISTIDE GABELLI” SI RINNOVA

 

Perplessità sull'intervento...


Il Restauro in corso della scuola elementare Gabelli, credo che meriti più attenzione. Quella scuola, nata con i crismi delle opere di regime, nel ventennio, è un esempio di architettura razionalista, che ha rappresentato un pezzo dell’italica storia. Uno stile, che rappresenta una qualità estetica ritenuta di rilievo.

Ne sono autori, due ingegneri (Agostino e Guglielmo Zadra) che realizzano un manufatto in chiave ambientale di ricercata sintonia con la pedagogia e la didattica, sostenuti dalla Montessori e dalla Pizzigoni, di quel periodo storico.

La scuola ha avuto anche nell’avvio, un’autorevole direzione della nota pedagogista locale Pierina Boranga.

Il tempo trascorso della scuola, fino ai nostri giorni, ci ha consegnato un complesso edilizio con i suoi connotati di vissuto, che ha accompagnato la fanciullezza di moltissimi noti e meno noti bellunesi. Ora in tempo di restauro, vale la pena di fare qualche annotazione sull’aspetto e il rispetto che va tributato all’immagine storica della scuola.

Gli attuali lavori, abbastanza lenti, hanno cominciato a fare emergere qualche elemento di riflessione. Guardando verso il materiale di risulta accumulato nel giardino, in attesa di essere portato al riciclaggio, risalta, la gran massa di infissi in alluminio anodizzato, non certamente dell’epoca. Per molti anni, ha rappresentato una non notata ferita all’immagine di quell’edificio.

In quella scelta impropria di finestre, non certo di stile, fatta nel tempo intermedio, in un territorio dove il legno è di casa e la sua naturale magnificenza è a tutti nota, appare proprio come un oltraggio al buon gusto e alla storia.

Il nuovo che va emergendo, non di meno, attira anch’esso una certa curiosità. Si vede in quelle finestre oramai sostituite, nel loro insieme un’immagine “discreta”, ma con un un qualcosa che attira l’attenzione. Ciò che appare guardando con attenzione, non è il solito legno che contorna i vetri, ma una sottile cornice che appare di un colore ruggine che fa ricordare il materiale di qualche arredo urbano presente in città. Una similitudine che fa pensare al perseverare delle scelte alloctone, pur sapendo che in “casa propria” esiste un materiale vivo (il legno) con qualità tecniche, meccaniche ed estetiche eccellenti, e sostenibile.

Forse chi governa questo territorio, non si è ancora accorto delle risorse di qualità che il territorio offre, persino dopo un disastro epocale. La tempesta Vaia, nei suoi danni creati nel bellunese, ha infatti regalato tanto legno che è stato poco considerato e anzi lasciato marcire. Eppure, si poteva intervenire con un progetto di recupero del legno ed un rilancio nel suo uso.



Oltre all’utilità come isolante termico e per tutte quelle varietà d’uso che si conoscono, si presentava anche l’opportunità per l’istituzione di un polo accademico del legno. Un luogo di ricerca per migliori applicazioni di quel materiale, la cui resilienza, elasticità e meccanica, sappiamo consentono adeguate strutture per una protezione sismica degli edifici.

Nella “capitale del legno” che ha fatto la storia delle imbarcazioni della Serenissima si sostituiscono gli infissi osceni precedenti (in alluminio) con altri non certo nostrani e per giunta con un materiale d’oltre Oceano. Il brevettato acciaio COR-TEN americano. Un materiale anche in contrasto con l’economia circolare ricercata dalla moderna cultura nell’uso dei materiali.

C’è da aspettarsi, che i bellunesi ancora non hanno visto bene, ma che comunque non faranno una piega come per i precedenti infissi.

Ci si augura soltanto che chi fa scelte per la comunità, possa riflettere sull’uso dei materiali estranei al contesto storico e culturale del bellunese. Per questo acciaio usato nelle nuove finestre non sappiamo quanto possa essere affidabile nella durata e quanto gradito sia nella fruizione della sua immagine. Il legno non si capisce perché, si cerca di “archiviarlo” e di ignorarlo, nonostante le sue ben note qualità.

Una raccomandazione per quanto detto, comunque, va fatta: attenzione a tutto quello che fa tendenza, anche nell’arredo urbano e persino nel restauro di antichi reperti. La sostituzione dei materiali, deve avere una giustificazione. Ricordiamoci che il significato di restauro è quello di assicurare la conservazione. La speranza che resta, è quella che la modernità a tutti i costi, non prenda la mano sulle opere in corso e quelle progettate da realizzare.

Giuseppe Cancemi




mercoledì 24 febbraio 2021

Vento di nuove strade sulle Dolomiti

 

BELLUNO INSISTE SULL’ANTROPIZZAZIONE

Scandaloso è ciò che ha voluto significare la stampa locale per l’accaduto, in un giorno festivo (domenica) dopo le recenti olimpiadi di Cortina. È stato sottolineato che: “Tre consiglieri provinciali hanno impiegato tre ore e mezza per andare da Cortina a Longarone”. Come se i rappresentanti del popolo avessero un qualche diritto in più rispetto ad altri comuni cittadini. Ma questo poco importa.

Forse però, si voleva rimarcare di più, il disagio da sovraffollamento stradale rilevato. Nel dire dei malcapitati automobilisti, c’erano le maggiori difficoltà del momento rispetto ad altri weekend, perfino con impianti aperti. Nel resoconto giornalistico, non mancano le lamentele di buche stradali e l’indignazione per la figuraccia fatta ai recenti mondiali per questo collegamento viario (S.S. 51).

Un pezzo giornalistico come messaggio subliminale, che sembra incoraggiare un atteso aumento di viabilità, su tutto il territorio montano del bellunese, in vista anche delle attese olimpiadi del 2026. Legittime? Sì! Giuste aspettative per tutti? No!

La soluzione alla richiesta mobilità, andrebbe ricercata in una alternativa al crescente trasporto privato, con un vantaggioso incentivato trasporto pubblico, e un modificato stile di vita.

L’uomo, essere intelligente, dovrebbe sempre imparare dal suo vissuto e usare la sua memoria remota. Invece in alcune circostanze, per ciò che gli conviene, agisce e basta. Sa che valanghe, alluvioni, smottamenti, frane, etc. non sono solo calamità naturali, ma il più delle volte, causa dell’antropizzazione. Eppure ripete gli stessi errori anche di un passato recente.

Tutti i dissesti delle strade ma anche dei marciapiedi, causa di interruzioni con lavori in corso che si vedono di questi tempi, sono sì dovuti in parte alla meteorologia o alla mancata manutenzione, ma sono prevalentemente dovuti alla orografia e alla fragilità innata del territorio.

Non è un caso che le strade di montagna sono difficili e costose nella loro realizzazione e mai sufficientemente larghe per fare meglio defluire il traffico. Tutti lo sanno, ma si continua lo stesso a reclamarle a gran voce. Pur sapendo che in non pochi casi, nel breve o nel lungo periodo se ne pagheranno le conseguenze.

Ci si dimentica facilmente che le strade sono porzioni di terreno agricolo prima permeabile, che si aggiunge ad altra urbanizzazione del territorio, e che insieme rappresentano, una sempre maggiore impermeabilizzazione del suolo. Lascio immaginare cosa possa significare questa apparentemente innocua, sempre più abbondante copertura, cementata e asfaltata agli effetti di una meteorologia di montagna.

Ma c’è dell’altro. Il giusto orgoglio dei bellunesi per il territorio dolomitico (patrimonio dell’umanità) che ha un forte appeal nel mondo, non è solo per la sua irripetibile bellezza, ma anche per il modo di vivere dei suoi abitanti, in simbiosi col proprio territorio. Una grande risorsa naturale per i residenti, che però comporta limiti per chi pensa ad un “divertimentificio” tipo disneyland, che peraltro contrasterebbe con il naturale scorrere della vita esistente da secoli, di che presidia la montagna. Sobrietà, spostamenti lenti, animali anziché nel piatto, come compagni di vita, e mezzi e paradigmi diversi da quelli ancora oggi ritenuti convenzionali. Insomma, un tutto per una vera sostenibilità ambientale, e non solo a parole.

Senza demonizzare il progresso, l’esclusività di un ambiente naturale da custodire per le future generazioni, chiede solo di essere governato con parsimonia e risparmio, perché usa risorse del territorio che non sono infinite e comunque appartengono a tutti. E non solo per chi lo vive localmente.

Diversamente, non si spiegherebbero, tutti i progetti europei e a livello mondiale di limitazione nel consumo di suolo e di abbattimento dell’anidride carbonica ai fini climatici, che lo ricordo hanno traguardi temporali prossimi negli anni: 2030 e 2050.

Giuseppe Cancemi


lunedì 15 febbraio 2021

BELLUNO, PROGETTO VIARIO IN TEMPI DI TRANSIZIONE ECOLOGICA

 

Piano di Assetto Territoriale (Cavarzano e Cucciolo-Marisiga)

È noto che la città di Belluno a livello nazionale, per le graduatorie di vivibilità, da alcuni anni è sempre ai primi posti, tra quelle dove si vive meglio. In questi ultimi tempi però, tra crisi economica che non molla, tempesta Vaia e pandemia, emerge una città che appare piuttosto ambigua, sulle scelte politiche che hanno una ricaduta nel futuro.

L’attenta politica verso l’ambiente, intrapresa nel corso di questi anni, come: “Patto dei Sindaci”, “Climate action in Alpine towns”, “cittaslow”, etc., con alcune scelte nel Piano di Assetto Territoriale (P.A.T.), ne viene indebolita. Il piano infrastrutturale viario molto discusso in questi giorni, ne è la prova. Viene presentato in nome di una sostenibilità che è a prescindere dal territorio e non per il territorio. Propone un discutibile attraversamento motivato dall’intenso traffico lungo la S. S. 50 da alleggerire, all’interno di aree (Cavarzano e Cucciolo-Marisiga) con uno sviluppo urbano esistente e consolidato. In termini ambientali un aumento di nuovo consumo di suolo e un nuovo sicuro inquinamento spalmato su una maggiore area abitata. Una strana e tardiva riproposizione di antica espansione edilizia, più volte variata, anticipatrice di una futura idea di circonvallazione.

Non sfiora minimamente l'idea, che la ricerca di una soluzione a problemi come quello viario di Belluno, almeno per coerenza, dovrebbe avere più soluzioni sostenibili, compresa l'opzione zero.

E poi, il tema della viabilità per la sua complessità, meriterebbe più attenzione nelle analisi e nelle buone pratiche, già osservate in altre città italiane ed europee. Un utile orientamento, che bada alla riduzione delle quantità (anche stradali) attraverso nuovi paradigmi negli stili di vita.

Belluno, come realtà comunale brandizzata: “città del buon vivere” nei quotidiani, la coerenza dovrebbe essere un valore. Un’incerta idea di nuova viabilità - che continua ad inseguire attraverso la quantità, un disordinato uso delle strutture preesistenti - non è una risposta politica capace di mettere al centro delle sue azioni, la centralità dell’uomo.

Per individuare un approccio ottimale ad un sistema trasportistico locale, occorre la stessa attenzione che si rivolge alla viabilità in reti infrastrutturali più complesse.

Un piano del traffico, sia pure minimale, che vuole seguire una metodologia di progetto sostenibile, non può non guardare alle elementari componenti del traffico. Analizzando, dalle categorie (veicoli leggeri, pesanti, motoveicoli, pedoni, animali, ecc.) alla funzione del contesto territoriale attraversato (collegamento regionale, provinciale e locale); dalla tipologia del movimento (transito, distribuzione, penetrazione, accesso) alle entità di spostamento nei due sensi (con le distanze mediamente percorse dai veicoli).

Tutti elementi di mobilità che influiscono su urbanistica, logistica e sviluppo territoriale socio-economico, ma anche ambiente, turismo, salute e sicurezza.

Quel minimo che dovrebbe orientare una puntuale progettazione, alla luce di una sua relativa valutazione di impatto ambientale.

Bisognerebbe chiedersi se tali passaggi hanno guidato l’armonico inserimento nel P.A.T. della progettata viabilità, visto che si parla di un progetto pronto per essere discusso in Consiglio comunale.

Anche a questo livello occorrerebbe una valutazione economica dei progetti, con strumenti che offrano risultati idonei come le analisi multi-criterio (Multi Criteria Decision Aid). Una metodologia non su base monetaria ma sulla convenienza e i suoi riflessi di tipo socio-economico a fronte di un rilevante impatto ambientale. Insomma vantaggi o meno di costi-benefici e di costi-efficacia. Per quanto è dato conoscere, nel progetto annunciato dal Comune, invece, si bada appena ai flussi di traffico attraverso un mix di studi datati e/o anche recenti, che per quanto detto non sono sufficientemente significativi.

Nel merito del dibattito che si è innescato in città, un dato è certo, sia il Comune che chi avversa il piano viario, hanno lo stesso orientamento monocorde. Ai problemi della mobilità pensano di poter rispondere con una diversa scelta viaria, riconducibile però sempre a nuove strade. Non considerano che anche nella mobilità è cambiato un mondo. Il tema della sostenibilità, per questo, sollecita anche per le città una nuova organizzazione e una logistica fondata in primis sul trasporto pubblico collettivo.

In un quadro sistemico di servizi per la collettività, prima di affrontare un progetto di ampliamento stradale, come nel nostro caso, va messa in conto la sua razionalizzazione. Valutando processi di modifica che riguardano per esempio, l'efficienza dei veicoli (attraverso i motori nuovi, i materiali, il design, i biocarburanti, l’idrogeno) e un uso migliore delle reti e dei servizi attraverso le tecnologie ICT”(acronimo di Information and Communications Technology). Insomma a tutto ciò che incoraggia l’Europa per un nuovo futuro di trasporto che guardi alla “Next Generation”.

Il Ministero delle Infrastrutture e l’ANCI, come indirizzo strategico per diminuire l’inquinamento urbano, si sono già mossi, definendo un Piano strategico di azione per la logistica urbana, allo scopo di avviare un percorso partecipativo con gli Enti locali.

Per concludere, una concreta alternativa alle “progettate strade”, Belluno ce l’ha. Basta guardare agli orientamenti europei, che sono poi le fonti di finanziamento, e aggiungere un pizzico di facile fantasia.

Tutto può avere inizio razionalizzando l’esistente e scegliendo alcune soluzioni minime di cultura green, per invertire una tendenza stantia, sempre pronta a replicare ciò che si conosce. Si può iniziare con lo spostare l’utilizzo dei mezzi in circolazione a propulsore termico verso quelli elettrici, a partire dai segmenti a maggior efficacia e praticabilità, dando alla mobilità, per prima cosa, un incremento per il trasporto pubblico. Feltre, con l’adesione alla “Carta Metropolitana della Mobilità Elettrica” sembra avere già capito.

Il principio comunque è quello di controbilanciare il trasporto: aumentando l’offerta pubblica e mettendo in atto oltre che la logistica territoriale anche quella urbana regolamentata.

È possibile, impostare una riduzione del trasporto privato, attraverso un maggiore e migliore (ecologicamente ed economicamente) trasporto pubblico, dove specialmente per Belluno, si può pensare ad una conversione in metropolitana di superficie, dell’infrastruttura ferroviaria esistente.

Quale migliore occasione, quella di avere una mobilità elettrica su binario già pronta, lungo un'area in gran parte tra le 31 frazioni disseminate ai lati di quel trasporto?

Sommessamente mi permetto di suggerire alla politica, di uscire dall’atteggiamento provinciale, e confrontarsi sui temi che appartengono alle nuove generazioni, in campo lungo. Magari, non prima di avere fatto proprio il pensiero tanto caro agli ambientalisti : “pensare globalmente, agire localmente”

Giuseppe Cancemi

https://www.bellunopress.it/2021/02/17/viabilita-a-belluno-progetti-di-circonvallazioni-che-attraversano-i-centri-abitati-una-tardiva-riproposizione-di-unantica-espansione-edilizia/?fbclid=IwAR13JzCDoI6NlDg6_eaPvOOfjhiF3UBEIolo0oKxMbywQhedkt6OYnsaCDU



venerdì 15 gennaio 2021

NEVICATA ECCEZIONALE A BELLUNO

 Attenzione agli alberi e alle persone...


Le nevicate di fine 2020, straordinarie secondo i cultori della meteorologia, hanno impegnato non poco chi si doveva occupare della rimozione della neve caduta. Sono state liberate le strade in un tempo accettabile e la circolazione dei mezzi mobili è potuta riprendere sia pure con qualche difficoltà. Ma la neve ha anche preoccupato l’amministrazione attiva cittadina per l’eccezionale carico sui rami degli alberi, che hanno fatto temere per la sicurezza e dunque anche per l’incolumità dei passanti. Sulla messa in sicurezza e sulla circolazione però sono state prese misure che sono apparse, a mio giudizio, discutibili. Per gli alberi sospettati di cedimento si è subito pensato di intervenire drasticamente. Si è lasciato intendere che, in particolare per tre alberi secolari che adornano Piazza dei Martiri, si sarebbe intervenuto con tagli importanti.

A questo annuncio, due autorevoli interventi come quello della Presidente di Italia nostra Belluno e del naturalista Boranga, hanno cercato di frenare questo "slancio" che sarebbe potuto essere dannoso per le piante. Hanno semplicemente chiesto che prima di ogni intervento era necessario periziare lo stato di “salute” delle essenze indicate come pericolanti.

In effetti il timore di interventi distruttivi per gli alberi a Belluno non è remoto, in città negli anni passati tante piante sono state tagliate e senza un rimpiazzo compensativo.

L’altra “perla”, individuata sempre a causa della neve, si è evidenziata nella mobilità, specie dei pedoni. Il servizio dedicato alla circolazione, nelle condizioni di quei giorni, si è dimostrato più attento agli automobilisti che non agli spostamenti a piedi dei cittadini.

Va bene che bisognava e bisogna stare a casa per via della pandemia, ma dopo oltre 15 giorni da quando è nevicato a Belluno, nessuno si è accorto che i pedoni tutti i santi giorni si ritrovano quegli impedimenti alla deambulazione, che sono rimasti lì, come quelli mostrati nelle foto che nel tempo si potevano e possono essere rimossi.


 Se si guarda bene per il passaggio pedonale, si tratta di circa un paio di metri cubi da rimuovere o, se si vuole, ancora molto meno per un solco ad uso passaggio per un solo pedone. La neve sul marciapiede, poi, è veramente un assurdo che si commenta da sé.

Bisogna riconoscere che in questo caso, diciamo, la disattenzione notata verso i pedoni è più un fatto culturale che non economico. Si può pensare che per migliorare ci vuole poco: formazione a tutti i livelli e verifica dei risultati di ciò che si fa. Specie per quei servizi che hanno una fruibilità immediata da parte dei cittadini.


Mi chiedo e chiedo: ma esiste una filiera di comando che si occupa se i lavori sono stati svolti secondo opera d’arte o nella giusta maniera?

Giuseppe Cancemi









Oggi 16 gennaio 2021, rilevo che da parte dell'amministrazione non vi è stata la solita sordità che solitamente la P.A. usa nei riguardi del cittadino.

 Diciamo che come cittadino Comune apprezzo la sensibilità di chi ha fatto rimuovere o rimosso l’ingombro di neve ghiacciata che impediva il passaggio in alcuni punti del centro storico.






Le foto mostrate ne sono la prova.



Giuseppe Cancemi

lunedì 11 gennaio 2021

BASTA CON LE PROMESSE DI NUOVA VIABILITA'!

 

SONO PIU' UTILI I TRASPORTI COLLETTIVI

Cavarzano, frazione di Belluno, sviluppatasi con l'idea borghese di città giardino mai completamente realizzata, ha comunque consolidato una sua immagine di quartiere in mezzo al verde. Trasformare appena 100 metri di pista ciclopedonale in ambito di futura viabilità di penetrazione, che si colloca a ridosso di alcuni plessi scolastici, non migliora la vivibilità di Cavarzano, bensì la peggiora.

Lo schema viario di quel quartiere, voglio ricordarlo, è stato concepito almeno in parte, per una circolazione a misura d’uomo. Il traffico portato all'interno del quartiere, proveniente da una nuova cosiddetta “viabilità di penetrazione”, si troverebbe a passare per un'area più densamente abitata e frequentata da scolari e studenti, per i vicini plessi scolastici. Non è difficile prevedere che tale passaggio provocherebbe maggiori problemi di tutela delle scolaresche, e un incremento dell’inquinamento atmosferico.

Si vuole insistere, con il convincimento che la viabilità cosiddetta “Strada interna della Veneggia” sia un’opera necessaria e utile. Si dimentica che quella strada di PRG, con i suoi vincoli preordinati all’espropriazione, scaduti, non ha mai interessato nessuno, nonostante il passaggio delle varie compagini amministrative, che hanno amministrato la città.

Belluno, ai primi posti nelle annuali classifiche sulla vivibilità urbana, non può e non deve decidere alcuna modifica infrastrutturale in un quartiere verde com'è Cavarzano. E per di più, connesso con un’offerta scolastica ben adattata al quartiere, che ha nel suo excursus storico di realizzazione, una certa influenza delle città giardino di Howard.

Cavarzano oltre che per una salubrità dei luoghi, va difesa anche per una questione di memoria storica. L’Europa intera di questi tempi, tanto per ricordarlo, si sta attrezzando per combattere i mutamenti climatici, e noi che facciamo? Ci avvitiamo in un impegno che ci propone una politica di retroguardia.

L’Italia e Belluno stessa, però, sanno per esperienza cosa significa la tropicalizzazione del clima. Per la mobilità non è necessario costruire ancora, specie in montagna, nuovi percorsi o adattamenti viari che turbano gli assetti, di realtà urbane che non li richiedono. Bisogna cambiare invece i paradigmi della mobilità.

L’accettazione di un baratto, che scambia l’esistente utilità di un suolo fruito attualmente da pedoni e ciclisti, per un’occupazione con manufatto stradale, invadente, per traffico motoristico, non è certo un vantaggio per i cittadini che vivono in quel quartiere, e neanche per Belluno che si è impegnata in Europa, attraverso il "Patto dei Sindaci", per una riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Si rifletta su questa operazione, il suo carattere economico ricorda l’urbanistica contrattata di Berlusconi e di tutti quelli la praticano, che non sono certo dei filantropi. 


Il futuro prossimo venturo è cominciato, dobbiamo perciò svincolarci dagli antichi retaggi dell’auto come status symbol, che ancora ci condiziona nelle scelte. La politica della mobilità allora va fatta potenziando il trasporto pubblico, e non favorendo quello privato. Belluno, città che necessita prima di tutto di connettere il territorio, nel tratto ferroviario di quell’area per esempio, ha un importante carta da giocare. Penso che una proposta di conversione dell’attuale sistema di trasporto in quell’area ad esclusivo uso ferroviario, sia una opportunità da non lasciarsi sfuggire. Il nuovo trasporto elettrico in parallelo alla S.S. 50 già pronto, può essere convertito o condiviso come metropolitana di superficie. Una innovazione green in grado idi drenare passeggeri autotrasportati e mezzi di trasporto privato, proprio in quel tratto sensibile di circolazione stradale, e contribuendo anche a quella “ricucitura” di cui ha bisogno il territorio, la cui popolazione è dispersa in 33 frazioni.

Giuseppe Cancemi