Nel
2010 con la rozza frase: «con la cultura non si mangia» un
ministro della Repubblica italiana giustificava alcuni tagli sulle
attività culturali. Frase subito contraddetta da Famiglia Cristiana:
“CARO MINISTRO, LA CULTURA È RICCHEZZA.” Dimostrando con uno
studio, presentato a Firenze, che: “Ogni euro investito ne produce
2,49”.
Nel
2015, se mai ce ne fosse stato bisogno, la Conferenza internazionale
dei Ministri della Cultura dei Paesi presenti ad Expo, con lo spot
“Cultura, cibo per la mente” smentiva ulteriormente lo
scivolone italiano precedente.
Quel
dire e smentire il ruolo della cultura, proveniente dai “piani
alti”, nei fatti di tutti i giorni ogni tanto riecheggia, e non si
sa se per ignoranza e/o malafede di qualcuno. Resta comunque sempre
inaccettabile, specie per il nostro Paese che ha il più alto
patrimonio di beni culturali al mondo.
La
poca attenzione verso i beni culturali la si può leggere anche nel
sito regionale del Veneto. L'ampolloso Catalogo dei Beni Culturali mostra solo
un database semivuoto. A livello locale la classe politica, che
dovrebbe essere più vicina affettivamente, alle testimonianze che
rappresentano le più prossime “radici”, non esercita il proprio
orgoglio annoverando tra le principali risorse della comunità: i
beni culturali.
Non
è raro che le amministrazioni locali percepiscano l'insieme dei beni
culturali, per i suoi costi di gestione e manutenzione, come voce di
bilancio solitamente in deficit. E invece non lo è!
Quel
disavanzo apparente, nel calcolo dei ricavi, trascura il valore
intrinseco di attrattività (tra materiale e immateriale) del bene in
sé, la parte fondamentale non monetizzabile.
Belluno
per vocazione è una città turistica e culturale. Per questa
attitudine un nuovo museo è pronto presso Palazzo Fulcis per
accogliere tutto quanto stava nel Palazzo dei Giuristi. Un buon
segnale si direbbe, date le considerazioni già espresse, ma per gli
Amici del Museo di Belluno e Italia Nostra non lo è perché i
reperti di archeologia ne restano fuori.
La
ricollocazione dei reperti archeologici in altro Museo (Bembo?), di
la da venire, pone qualche perplessità. Non si sa dove saranno
“parcheggiati” detti reperti e si teme che, nell'attesa, vadano a
finire altrove. La “disinformazione”, espressa dall'Assessora
nei confronti di chi ha paventato queste fondate preoccupazioni
sullo“sfratto” dei beni archeologici, se c'è stata e se
permane, non è certo da attribuire al cittadino sovrano ma piuttosto
a quel potere legale che si arroga anche il potere reale.
Ma
tornando all'oggetto, che nel nostro caso si riferisce ai beni
archeologici, per avere contezza di ciò che stiamo parlando, si
elencano qui di seguito quei reperti di conoscenza pubblica sistemati
nel portico d'ingresso e a piano terra e gli altri allocati a Palazzo
dei Giuristi, Palazzo Crepadona e Auditorium comunale:
- Sepoltura di un cacciatore - pietre dipinte in ocra rossa - rinvenimento in Val Cismon (12.000 anni fa)
- Fibule, coltelli, oggetti di bronzo dell'età del ferro, rinvenuti nella necropoli di Cavarzano e aree vicine Numerosi reperti di età romana e dell'alto medioevo
- Corredo tombale di epoca longobarda rinvenuto a Mel
- Corredo tombale di epoca longobarda rinvenuto a Sospirolo
- Lapidario romano, ospitato nell'androne del vicino Auditorium comunale
- Base in pietra calcarea del Cansiglio, inizio III sec. d. C. Dedicata a Marco Carminio Pudente
- Stele funeraria, del II sec. d. C. Di Tito Sertorio Proculo; Sarcofago di Flavio Ostilio e di sua moglie Domizia, del III sec. d. C. ospitato presso il Palazzo Crepadona.
Allo
stato dei fatti, per finire, con un minimo di spirito civico si
potrebbe suggerire al Comune, con buona pace per tutti, di catalogare
i reperti rimasti fuori dal Palazzo Fulcis, magari con l'aiuto
degli studenti di liceo non senza vantaggi per entrambe le
componenti: committenza (conservazione per studio e memoria) e
realizzatori (crediti e alternanza scuola-lavoro).
Giuseppe
Cancemi
ADDENDUM
Per chi, invece, vuole vedere più lontano, sapendo che le calamità (terremoti, frane, slavine, etc.) non avvisano, basta mettere al sicuro, con la catalogazione locale, non solo i beni archeologici ma anche ogni altro bene.
Un dettagliato archivio informatico (foto e informazioni), potrebbe essere un serio modo di preservare la memoria storica, la traccia antropica di una Comunità: remota e futura.
www.gcancemi.blogspot.it
Le perplessità espresse
da un comune cittadino a sostegno della diffidenza dichiarata a mezzo
stampa (Gazzettino, 11/12/2016) da due autorevoli associazioni verso
una scelta di conservazione di beni comuni quali quelli archeologici,
non chiara, non è una “eversione” da cui prendere le distanze.
Capisco che le salottiere rivendicazioni, un “detto tra noi” non
postulano chiarimenti. Comunque, senza tema di ulteriore smentita
posso assicurare che la mia uscita, basata su comune informazione di
stampa, voleva essere semplice scambio dialettico utile e salutare
per il rapporto tra istituzioni e cittadino, per la democrazia. Nel
merito, il trasloco del museo che lascerà i reperti di archeologia
nel Palazzo dei Giuristi fatto dell'Assessora, nulla da eccepire. Ma
si possono avanzare dubbi e ulteriori chiarimenti? Per esempio, la
promessa di farci rivedere nel vecchio museo ancora i reperti di
archeologia e la successiva loro collocazione presso il Palazzo
Bembo, che tempi avranno? A giudicare dalla rimozione dei pezzi che
facevano bella mostra all'esterno del museo, si può legittimamente
pensare che i tempi non saranno brevi?
ADDENDUM
Mi
permetto di rilevare, che l'articolo di stampa del GAZZETTINO, qui a
fianco riprodotto, sfiorando appena l'essenza del mio dire, ne
travisa i termini della mia comunicazione.
Si "appiattisce", su un taglio di cronaca local-popolare, non rilevando l'accento posto sulla scarsa considerazione che la politica ha, in senso lato, nel nostro Paese, nei confronti dei beni culturali.
Siccome criticare è facile e proporre meno,
per chi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, il pezzo chiude col mio consiglio di catalogare quei beni esclusi. Meno male!
Si "appiattisce", su un taglio di cronaca local-popolare, non rilevando l'accento posto sulla scarsa considerazione che la politica ha, in senso lato, nel nostro Paese, nei confronti dei beni culturali.
Siccome criticare è facile e proporre meno,
per chi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, il pezzo chiude col mio consiglio di catalogare quei beni esclusi. Meno male!
Per chi, invece, vuole vedere più lontano, sapendo che le calamità (terremoti, frane, slavine, etc.) non avvisano, basta mettere al sicuro, con la catalogazione locale, non solo i beni archeologici ma anche ogni altro bene.
Un dettagliato archivio informatico (foto e informazioni), potrebbe essere un serio modo di preservare la memoria storica, la traccia antropica di una Comunità: remota e futura.
www.gcancemi.blogspot.it
Confesso che le ultime
note che sono apparse sul Gazzettino che in minimissima parte mi
coinvolgono mi inducono ad una supplementare riflessione che riporto.
La rassicurazione che la
catalogazione dei reperti esiste già mi sembra una buona notizia.
Peccato, però, che non sia facile trovare traccia di detta ovvia
catalogazione nei siti internet deputati. Per ricordarlo a me
stesso, la catalogazione
nazionale - regolata dall’art. 17 del Codice dei beni culturali e
del paesaggio (d.lgsvo 42/2004 s.m.i.) al comma 4, individua
negli attori del processo di catalogazione oltre che il
Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali.